Mentre mi godo la consuetudinaria brezza serale con un bel bicchierozzo di Amaro Luxardo Abano in questi ultimi giorni di relax prima della tempesta, mi è venuto uno di quegli sciagurati attacchi di nostalgia.
Non solo, perché mista alla nostalgia c'è pure quel pizzico di malinconia; la consapevolezza degli anni ormai andati che non torneranno mai più indietro, e non soltanto in termini di età. Anni d'oro soprattutto per un genere, per la precisione quello dei Japan RPG, il quale ha raggiunto il viale del tramonto (IMHO naturalmente, eh... sia mai qualcuno dovesse pensare che la mia parola sia Vangelo).
Come saprete (almeno per chi ha letto la mia presentazione), sono un grande appassionato di arcade; estimatore di giochi prevalentemente hardcore dove gameplay, tasso di sfida e difficoltà sono gli elementi che fanno sì io possa raggiungere il Nirvana ancor più di una sbronza a suon de 'Il girone dei dannati' (per chi non lo conoscesse si tratta di un drink a base di assenzio e altri liquori con il quale è meglio non esagerare). L'essenza del gaming per me è questa, ovvero tutto ciò che sprona a dare sempre il massimo per superare qualsivoglia ostacolo con tenacia e tecnica, totalizzando di conseguenza record su record ed andare oltre i propri limiti.
Eppure amo al tempo stesso e incondizionatamente le storie, quelle che vengono raccontate in un genere che porto nel cuore: i Japan RPG. Il mio avatar dice tutto (o quantomeno dovrebbe) sull'opera che più di ogni altra appartenente a tal categoria sia riuscita a rapirmi e folgorarmi in maniera totalitaria.
Ah che viaggio quello di Fei e compagni. Che storia quella raccontata da Tetsuya Takahashi e sua moglie Kaori Tanaka (meglio nota con lo pseudonimo di Soraya Saga), insieme al contributo del talentuoso Masato Kato. E che colonna sonora quella di Yasunori Mitsuda; tutt'oggi fischietto in macchina i temi del capolavoro targato Square.
Ora però vi chiederete dove io voglia andare a parare (mamma quanto siete impazienti, eheheh). Ebbene, magari per qualcuno passerò per il vecchio boomer che si lamenta dei bei tempi andati, che era tutto meglio prima. Però sì, sono qui per dirvi che i videogiochi di ruolo di matrice nipponica sono morti da tanto, troppo tempo.
Tralasciando che bene o male vengano trattati sempre gli stessi temi, le medesime storie e situazioni trite e ritrite, quello che proprio non mando più tanto giù dei Japan RPG degli (almeno) ultimi quindici anni (e sono buono) è che non hanno nemmeno più un'identità. Persa innanzitutto nel gameplay, perché forzatamente infarciti di sterco per allungare il brodo e annacquarli senza pietà alcuna (e se no come durano ottanta ore di sola storia, neh?).
Mondi vasti ed enormi, ma privi di carattere e vuoti. Numerosissimi personaggi, ma involucri vacui che al massimo ti sanno dare fetch quest ridicole per farti girovagare a zonzo come un cretino per la mappa e qui potrei aprire la parentesi Xenoblade: sono consapevole di toccare un gioco assai amato, ma a me, eccezion fatta per la storia (che comunque non raggiunge mica la profondità vista in Xenogears, pur provando a toccare tematiche legate al destino parallele al capolavoro PS1) e per l'art direction, non ha detto un bel niente.
Altro esempio di gioco sciacquato e tirato per le lunghe con sezioni prive di mordente messe lì per farlo durare il più possibile. E le missioni secondarie, mio Dio che atrocità! Ma è legale concepire cotanto letame videoludico? Che fine hanno fatto le VERE attività secondarie che spronavano il videogiocatore a girare in lungo e largo per il mondo e perdersi in quell'universo narrativo fatto di grandi personaggi e racconti?
Un po' la stessa cosa che fa Persona 5 con quei maledetti Memento. Gran gioco, ma i Memento sono un'invenzione stupida. Ok il grinding, ma gestire meglio l'idea, no? Tralasciando io abbia preferito maggiormente i capitoli 3 e 4, il quinto resta senza dubbio un ottimo Japan RPG, ma lontano dalla qualità di un tempo.
Lasciamo poi perdere i due Ni no Kuni che sono di una noia mortale e ancor peggio in italiano perché distrutti da un adattamento penoso che fa perdere pure quelle meravigliose sfumature che vanno ad arricchire l'opera. Rimane in ogni caso uno scempio dal punto di vista ludico e non si può giustificare tutto perché "eh, ma c'è lo Studio Ghibli". Me ne sbatto altamente della presenza degli artigiani dell'animazione giapponese se mi crei un prodotto che per il buon 60% delle volte non fa che allungare il brodo e farti ripetere azioni fino allo sfinimento, proponendo dungeon piatti, un battle system da rivedere e un segmento aggiuntivo su PS3 (rispetto alla versione DS) che va indubbiamente a rafforzare la storia, ma anche a far cascare i coglioni a terra per quanto sia tutto diluito col piscio. Per certi versi era forse meglio su Nintendo DS. Ah, Ghibli qua, Ghibli là, ma dopo la presenza frequente di loro filmati si raggiunge poi un punto in cui svaniscono totalmente. Persino le cutscene più importanti non hanno il filmato anime. Ma ehi, c'è lo Studio Ghibli, il gioco è bello per forza e poi neanche capiscono i suoi valori.
Lasciam perdere poi la serie Tales of che dopo Symphonia e Vesperia è diventata marciume (il più bello resta comunque il primo: Phantasia), Star Ocean, Ys, ed ovviamente Final Fantasy.
Delle nuove saghe come Bravely Default oppure Octopath Traveler non salvo nulla; sono solo Japan RPG che cercano di emulare e riproporre lo stile di un tempo, ma senza le qualità necessarie per poterlo fare. Non basta creare battle system riusciti e rinnovati per regalare esperienze degne del periodo aureo del genere.
Potrei star qui a menzionare titoli su titoli, validi e raccapriccianti; hanno tutti un elemento in comune: sono dei cazzo di bagnoschiuma diluiti con l'acqua. Sembra quasi che l'obiettivo dei publisher non sia più raccontare una storia – bella o brutta che sia –, ma creare dei grossi contenitori pieni zeppi di contenuti deleteri per inghiottire i videogiocatori il più possibile all'interno di questi pessimi mondi. Il più delle volte alcune opere propongono pure grandi intenzioni, ma immancabilmente si perdono nel proporre le medesime puttanate atte ad incrementare il counter delle ore.
Perché in fondo siamo tutti un po' stronzi e ci piace ripulire la mappa da tutti quei "?" o simili. Chissene se la missione di maggior profondità è "per favore, recupera tre dei miei gattini".
Pur di arrivare a cento o duecento ore di content totale, ben venga proporre un 70% di piattume (e anche pattume).
Senza contare i giochi di ruolo giapponesi che inseriscono meccaniche ed elementi totalmente estranei al genere, giusto perché fa figo; vanno di moda.
La colpa probabilmente è nostra che non sappiamo più apprezzare le cose come quand'eravamo ragazzini, ma è anche vero che molte delle gloriose software house del passato sono decedute o hanno perso il proprio smalto da eoni. E io sono oramai stufo, stanco di perdermi in questi mondi non per la mia volontà di scoprire e sviscerare i segreti e il background narrativo degli universi imbastiti dagli sviluppatori, ma perché mi sento forzato a farlo. C'è quella missione secondaria patetica lungo la strada, però che fai non la risolvi prima di tornare sui tuoi passi? Ed è così che ti fottono.
Motivo per cui mi sono scocciato di seguire tali produzioni. Qualora dovessero tornare alla profondità e qualità di un tempo, allora ne riparleremo. Tuttavia il periodo aureo dei Japan RPG è giunto al suo termine già da un pezzo. Quanto offerto nella quarta e quinta generazione di console (16 e 32/64 bit) è solamente un lontano ricordo. Il ricordo di avventure sensazionali, longeve quanto basta e arricchite di reali contenuti atti ad approfondire a 360 gradi l'opera.
Ogni missione secondaria di Xenogears sembrava primaria tanto che si amalgamavano bene nell'ecosistema generale della produzione. E questo valeva per quasi tutti i giochi di ruolo nipponici di quegli anni. Non per forza capolavori o pietre miliari del genere come Suikoden II, Chrono Trigger, Final Fantasy IV e Xenogears, ma anche quelli più grezzi ed acerbi avevano sempre qualcosa da dire; un motivo per essere giocati e vissuti: profondità e anima.
L'ultimo titolo che mi ha fatto respirare le atmosfere del passato e la cura tipica degli anni d'oro è stato Lost Odyssey di Hironobu Sakaguchi, il miglior Japan RPG della settima generazione. E in larga parte anche XenobladeX (che pur con i suoi difetti, decisamente meglio di Xenoblade per Wii) e ci metterei pure The Last Story (sempre del papà di Final Fantasy; meno articolato e più semplice/fiabesco, ma comunque impattante).
Tutto il resto è fuffa.
Con la speranza che qualcosa possa cambiare, non posso che rimpiangere i tempi di Rudora no Hihou, Estpolis Denki I & II (Lufia), PoPoLoCrois, Lunar: The Silver Star Story, Rondon Seirei Tanteidan, The Legend of Dragoon, Breath of Fire, Daikaijuu Monogatari I & II, Idea no Hi, Energy Breaker, Seiken Densetsu I & II (Secret of Mana e, stando al rifacimento odierno, Trials of Mana), Chaos Seed: Fuusui Kairoki, Live A Live, G.O.D. Mezameyo to Yobu Koe ga Kikoe, Bahamut Lagoon, Vagrant Story, Ningyo No Rakuin, Volfoss, SaGa Frontier I & II, Romancing SaGa 1, 2 e 3, Akazukin Cha Cha, Bakumatsu Kourinden Oni, Golden Sun, Emerald Dragon, Fushigi no Dungeon e tantissimi altri. E ci ficco pure la parentesi Super Mario RPG, Mario e Luigi: Superstar Saga e Paper Mario.
Sì, su quest'ultimo potrei aprire una gran lunga parentesi su come Kensuke Tanabe debba scomparire dal globo e di quanto Intelligent Systems abbia distrutto un brand meraviglioso. Un brand che non fa nulla per tornare ai fasti di un tempo e sebbene io legga in giro che The Origami King sia un ottimo gioco... beh, in realtà trovo penoso pure quello (seppur meglio dello scempio Sticker Star e del putrido Color Splash).
I Paper Mario non avevano nulla da invidiare ai grandi classici del genere, anzi... insieme a Super Mario RPG e Mario e Luigi: Superstar Saga (i seguiti passabili, eccezion fatta forse per Dream Team) erano quell'alternativa originalissima che non guastava affatto e che donava linfa ai Japan RPG. Però sono altre due serie morte.
Quant'era bello il primo Paper Mario (che io preferisco anche all'altrettanto meraviglioso Il Portale Millenario), ma oggi bisogna giocare l'indie che risponde al nome di Bug Fables per riprovare un po' le sensazioni dei videogiochi maruolistici (termine coniato da me) oramai morti e sepolti.
Scusate per il trattato, ma dovevo sfogare questa mia repulsione per ciò che è diventato oggi il genere dei Japan RPG, a me tanto caro.
E per quanto i Japan RPG siano morti... Lunga vita ai Japan RPG.
-il Gu Fantasma-
幻